Il mio primo plettro

Succede all'improvviso.
Una pennata prima suonavi benissimo, stretto tra due dita, agile, vibrante.
Una certezza; ormai scontato. Non facevi parte delle preoccupazioni, dei problemi, delle difficoltà di quel pezzo di vita.
Avevi i tuoi anni, la tua esperienza, eri nato per questo, avresti saputo fare le stesse cose con chiunque altro.
E chissà quante e quali corde avevi toccato, quanta musica avevi suonato e quante cose avevi sentito. Con paziente cortesia, passione, costanza.
Anche se immobile, inanimato, eri il contatto. Il punto di incontro di tutto. Dove l'anima incontra il corpo e il silenzio accetta il suono in una vibrazione calda senza pensare al risultato. Mai.
Avevi la tua identità, un'origine, ma non una sola direzione. Tanto che un gruppo di rom francesi, con la loro canzone spagnola, segnarono il tuo destino.
Succede all'improvviso.
La foga, l'impeto di un ritmo più caldo.
Ti spezzi. In quella pennata più forte, di troppo.
La musica non si ferma, il ritmo è padrone, anche a costo di consumare le dita.
Provi a offrire un altro angolo, un altro spigolo, un'altra faccia.
La musica ritorna, continua, ancora quel ritmo, ancora la foga.
Ti sbricioli. In quella pennata più forte, di troppo.
Forse indebolito dal danno di prima.
Forse era semplicemente arrivato il tuo momento. Il punto di rottura.
Il gran finale.
Ricordato come compagno di viaggio. Il primo, anche se già vecchio.
Conosciuto da tempo, ma mai toccato prima per bisogno.
Il primo, ma non l'ultimo. Unico per pochi aspetti. Amato come un compagno affettuoso. Quasi difficile da sostituire per riverenza.
Esploso in una splendida metafora, dando tutto, sotto un ritmo incalzante che, forse, ha avuto la meglio, ma non ti ha vinto e non ti ha visto cedere fino alla fine della canzone.

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