Utopia

Aveva gli occhi belli, Francine, verdi come la giada. Impossibile scordarli, sono sempre lì, appena chiudo le palpebre, in quel buio, prima di ogni altro pensiero.
Li vidi molto tempo fa, per l'ultima volta, tra decine di altri volti vuoti.
Erano lì, puntati su di me, sulla mia camicia logora, sul mio viso sporco, sul cappio che mi avvolgeva il collo.
Tra le urla della folla, esaltata dal boia e dal re soddisfatto al balcone, riconobbi il suo silenzio.
Chiusi gli occhi con tutte le mie forze, infastidito dal vociare; qualche istante ancora e poi un assurdo silenzio, come un respiro sospeso.
Nel buio sentii solo un ultimo rumore, il leggero scricchiolio del legno sotto i miei piedi.
Il pavimento si aprì. Ancora buio. Non ricordo dolore.
Mi ritrovai cosciente, ad aprire di nuovo gli occhi in una luce soffice; avevo le mani libere adesso e, istintivamente, mi guardai i palmi perfettamente lindi. Portai subito le mani al petto, cercando la carne, per poi portarle al collo e sentirlo libero dal cappio.
Spingendo le dita sulla gola, sentii il mio battito. Ero vivo!
<Non ti preoccupare, mio caro>. Questo fu il primo suono che ricordo. Le parole pronunciate da una voce tiepida e serena. Era la voce della prima figura che mi si presentò di fronte.
Ero disorientato, incredulo; iniziai a fare domande, non capendo cosa fosse successo, dove mi trovavo, perché e chi fosse quella figura.
La risposta fu calma e sincera. Scoprii che qui, ovunque si trovi questo posto, non esiste nome, né motivo. Tutto è soggetto e verbo, tutto fa parte di un insieme indefinito, senza confine, senza alcun parametro o dottrina.
Qui sono presenti infinite figure: diverse, simili o perfettamente uguali. Poco importa; tutto fa parte dell'insieme, ma allo stesso tempo è distinto e interagisce a suo modo, senza nome, senza la necessità di parlare.
Credevo di conoscere ogni modo per comunicare, esprimersi ed interagire. Lo credevo prima di tutto questo.
Da un'altra parte, probabilmente, ci sarà un simbolo su di me, a darmi un nome e una dimensione. Una data d'inizio e una di fine.
Lontano da qui ho lasciato quegli occhi verdi. Incredibili occhi verdi come la giada.
Lontano da qui ho lasciato il giudizio, la paura e il mio cappio.
Non c'è nome su di me in questo luogo, non c'è dito puntato, non c'è corda che leghi.
Ricordo il disagio provato appena arrivai qui; la necessità di descrivere qualcosa, ad ogni costo; il bisogno di dare un nome; l'ossessione di giudicare il bello, il giusto, il buono e i loro opposti.
Forse un tempo avrei avuto la follia di immaginare questo posto e definirlo in qualche modo.
Forse l'avrei chiamato utopia!

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